IL PRETORE Sciogliendo la riserva, O S S E R V A Con distinti ricorsi ex art. 700 del c.p.c., gli odierni ricorrenti, esponevano di avere prestato attivita' lavorativa quali soci della Compagnia lavoratori portuali di Livorno e di essere stati giudicati inabili al lavoro portuale a conclusione degli accertamenti eseguiti dalla commissione istituita presso la Capitaneria di porto e di cui all'art. 156 del reg. es. cod. nav. Assumevano, altresi', che in conseguenza della menzionate valutazioni mediche, l'I.N.P.S. aveva provveduto alla liquidazione e corresponsione della pensione di cui all'art. 2 della legge n. 222/1984. Esponevano, inoltre, che su iniziativa del predetto istituto erano stati recentemente sottoposti ad accertamenti sanitari, in esito ai quali l'I.N.P.S., ritenuto che non sussistevano i requisiti di carattere medico di cui all'art. 2 della legge n. 222/1984, aveva annullato e/o revocato il provvedimento concessivo della pensione di invalidita' e riconosciuto ed attribuito l'assegno ordinario di invalidita'. Osservato che la condotta dell'Istituto non era formalmente corretta, poiche' la visita medica in sede di "revisione" era stata effettuata dal solo medico fiduciario dell'ente e non dalla citata commissione, e che la corresponsione della prestazione dell'assegno in luogo della pensione poneva integrava il pregiudizio di cui all'art. 700 del c.p.c., chiedevano che il pretore adito volesse, in via d'urgenza, ordinare all'I.N.P.S. l'immediato ripristino della pensione di invalidita'. Nel costituirsi la sede di Livorno dell'I.N.P.S. osservava che la pensione di invalidita' era stata erroneamente attribuita ai ricorrenti sul presupposto della sussistenza dei requisiti sanitari di cui all'art. 2 della legge n. 222/1984 nel mentre la commissione medica compartimentale aveva accertato, unicamente, l'inidoneita' dei predetti al lavoro portuale. Assumeva ancora che l'inidoneita' ad un lavoro specifico non era equiparabile all'assoluta inabilita' richiesta dalla norma di cui sopra e che nel caso in esame non sussisteva neppure l'elemento del periculum in mora. Accolta la domanda di cautela, per le ragioni esposte nelle ordinanze in atti (alcune delle quali, le prime due, adottate dal magistrato al tempo titolare dell'ufficio), i ricorrenti davano corso con atti separati, poi riuniti, al giudizio di merito in cui hanno richiesto, oltre che al ripristino della pensione di inabilita', anche la condanna dell'istituto al risarcimento dei danni patiti; nelle comparse di costituzione l'I.N.P.S. riproponeva le argomentazioni gia' esposte in sede cautelare a sostegno della legittimita' del proprio operato. In corso di causa veniva disposta una c.t.u. medico-legale. Ad avviso del decidente risulta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24, quarto comma, della legge 12 gennaio 1994, n. 84, in relazione all'art. 3 della Costituzione. L'idoneita' al lavoro portuale ed il venir meno della stessa, per i soci delle Compagnie lavoratori portuali, ai sensi dell'art. 156 reg. cod., risulta demandata ad una commissione medica compartimentale, di cui fanno parte medici in rappresentanza degli istituti previdenziali e dal medico di porto. In base all'ultimo comma dell'art. 156 cit., gli accertamenti eseguiti dalla predetta commissione "hanno effetto anche ai fini del trattamento previdenziale del lavoratore". E' pacifico in atti che a seguito della nuova disciplina della invalidita' pensionabile di cui alla legge n. 222/1984, la sede di Livorno dell'I.N.P.S. ha provveduto a liquidare in favore di tutti i lavoratori giudicati permanentemente inabili al lavoro portuale, la pensione prevista dall'art. 2 della legge cit.: in sostanza si era equiparata la valutazione di inabilita' al lavoro portuale alla "permanente impossibilita' di svolgere qualsiasi attivita' lavorativa" di cui alla norma cit. E' poi altrettanto pacifico che nel corso del 1993, e quindi anche a distanza di anni dalla data di concessione della prestazione previdenziale, l'I.N.P.S. ha sottoposto a visita medica i ricorrenti e, all'esito di tali accertamenti, non reputando sussistere i requisiti di carattere sanitario di cui all'art. 2 della legge n. 222/1984, ha provveduto ad annullare e/o revocare la pensione di inabilita' ed attribuito l'assegno ordinario di invalidita' di cui all'art. 1 della legge cit. Come risulta dagli atti, il provvedimento di revoca e/o annullamento non trova causa nell'intervenuto miglioramento delle condizioni di salute dei ricorrenti, bensi' in una diversa valutazione data dall'istituto alla decisione della commissione medica compartimentale. In particolare il convenuto ha ritenuto essere erronea la menzionata equiparazione ed ha confermato la pensione ordinaria di inabilita' solo a quei lavoratori che oltre ad essere stati dichiarati inabili al lavoro portuale, si trovano "nella assoluta e permanente impossibilita' di svolgere qualsiasi attivita' lavorativa", e riconosciuto agli altri l'assegno di cui all'art. 1 della legge cit. Nelle more del procedimento cautelare e' intervenuta la legge n. 84/1994 il cui art. 24, quarto comma, dispone che "Ai lavoratori gia' cancellati dai registri per inidoneita' al lavoro portuale ai sensi dell'art. 156, primo comma, n. 2 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione marittima approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328, si applica il trattamento di cui all'art. 2 della legge 12 giugno 1984, n. 222". In base a tale norma il giudicante aveva ritenuto di dover accogliere la misura cautelare richiesta ed aveva ulteriormente osservato che ove non fosse sopraggiunta la richiamata disposizione alla questione poteva essere data una diversa soluzione. Ed infatti, veniva rilevato che ben piu' complesso sarebbe stato il discorso da farsi, in ordine al fumus, ove non fosse nel frattempo intervenuta la novella di cui sopra. Ed infatti, e' pur vero che l'art. 156 reg. es. cod. nav. costituisce norma speciale rispetto alla normativa ordinaria in materia di inabilita', ma detta specialita' risulta limitata al momento relativo all'accertamento della inabilita' stessa, che deve essere riconosciuta da una apposita commissione, e non si estende anche alle prestazioni previdenziali in concreto da erogare. Si vuole cioe' sostenere che una volta conclamata l'inidoneita' al lavoro portuale, non dovesse necessariamente conseguirne il diritto del lavoratore all'ottenimento della pensione di cui all'art. 2 della legge n. 222/1984. L'art. 156, ultimo comma, infatti, si limita a disporre che l'accertamento della inidoneita' produce effetti anche ai fini del trattamento previdenziale ma non precisa, quale tipo di prestazione debba poi essere liquidata. Posto che attualmente, per la generalita' degli assicurati, le prestazioni I.N.P.S. per il caso di inabilita' al lavoro sono date dalla pensione di cui all'art. 2, cit. connessa ad una accertata "assoluta e permanente impossibilita' di svolgere qualsiasi attivita' lavorativa", e dall'assegno di cui all'art. 1 della legge cit. ove la capacita' lavorativa sia ridotta in modo permanente a meno di un terzo, non era del tutto infondata la pretesa dell'Istituto di verificare in concreto il grado di inabilita' portato da ogni singolo lavoratore portuale al fine di determinare la prestazione da erogare. E giova osservare che tale accertamento, per un verso, non sarebbe stato sostitutivo di quello demandato alla commissione medica compartimentale, in quanto si inseriva e faceva seguito ad una gia' accertata inabilita' al lavoro portuale, con l'unico fine, come si e' precisato innanzi, di specificare il tipo di prestazione da irrogare e, per altro verso non poteva neppure essere assimilato alla revisione di cui all'art. 9 della legge n. 222/1984, posto che il venir meno dello stato di inabilita' al lavoro portuale deve essere evidentemente valutato dalla stessa commissione che tale condizione e' abilitata a riconoscere. In sostanza ad avviso del decidente prima della entrata in vigore della legge n. 84/1994 poteva essere ammissibile che dalla dichiarata inidoneita' al lavoro portuale derivassero prestazioni differenziate in favore degli assicurati in relazione al grado di inabilita' dagli stessi recato. Orbene, in questa sede si ritiene opportuno un ulteriore approfondimento della questione. Dai lavori parlamentari non e' dato comprendere se l'art. 24, quarto comma cit., sia stato emanato per consentire anche ai lavoratori portuali (ed agli eventuali superstiti aventi titolo), dichiarati inabili al lavoro portuale prima dell'entrata in vigore della legge n. 222/1984 di beneficiare della pensione ex art. 2 (di importo superiore rispetto alla prestazione liquidata in base al precedente regime della invalidita' pensionabile), e cio' sul presupposto che a seguito di tale legge a tutti i lavoratori portuali dichiarati inabili ex art. 156 del reg. cod. nav., gia' competeva la pensione di inabilita', ovvero per stabilire, con norma innovativa applicabile a tutti i lavoratori dichiarati inabili al lavoro portuale, la equiparazione, quanto a trattamento previdenziale, tra tale ultima inabilita' e assoluta inabilita' ex art. 2 della legge cit. Quale che sia stato l'intendimento del legislatore, l'ambito di estensione della norma e' tale da ricomprendervi anche le posizioni degli odierni ricorrenti. Non avendo tuttavia la disposizione efficacia retroattiva, nel senso che la prestazione risulta dovuta a far data dall'entrata in vigore della legge n. 84/1994, reputando il giudicante che prima dell'art. 24, quarto comma cit., in base al disposto dell'ultimo comma dell'art. 156 del reg. cod. nav., che faceva generico rinvio al "trattamento previdenziale", era ammissibile che in favore dei lavoratori inabili al lavoro portuale venissero liquidate l'assegno ordinario di invalidita' o la pensione, a seconda delle entita' delle menomazioni fisiche accertate, e dovendosi provvedere, in ogni caso, sulla domanda di danni, pure formulata dai ricorrenti, e' stato disposto ed effettuato un accertamento medico-legale in esito al quale il c.t.u. nominato, pur dando atto della necessita' di accertamenti specialistici non consentiti dai tempi imposti per il deposito della relazione, ha risposto al quesito formulato assumendo che, in ogni caso, attualmente, nessuno dei ricorrenti risulta assolutamente e permanente inabile e che tale condizione non vi era neppure alla data della concessione della pensione di inabilita'. Ha altresi' precisato che, salvo qualche caso in cui e' dubbia la stessa invalidita', i lavoratori ricorrenti posseggono i requisiti sanitari per l'assegno ordinario. Tale accertamento medico se da un lato (beninteso ove sia corretta la prospettazione sopra accolta), consente di respingere la domanda di danni e di spostare la decorrenza della prestazione fino a farla coincidere con l'entrata in vigore della legge n. 84/1994, dovendosi ritenere che l'I.N.P.S. aveva del tutto legittimamente proceduto all'annullamento e/o revoca della pensione (peraltro quando si constati che non esiste piu' o non e' mai esistita, la corrispondenza tra la posizione soggettiva dell'assicurato e le condizioni volute dalla legge per la concessione della pensione di invalidita', la Suprema Corte asserisce essersi in presenza non di revoca ma di nuovo accertamento con cui, accertata la mancata corrispondenza viene soppressa la prestazione, Cass. 16 giugno 1992, n. 7341), da altro lato rende rilevante in causa il dubbio sulla legittimita' costituzionale dell'art. 24, quarto comma cit. Ed infatti la norma in esame consente ai ricorrenti di beneficiare, a far data dall'entrata in vigore della legge n. 84/1994, della pensione di inabilita' (prestazione oggetto della presente controversia), pur non trovandosi nella "impossibilita' di svolgere qualsiasi attivita' lavorativa", con una evidente disparita' di trattamento rispetto alla posizione degli altri assicurati presso l'I.N.P.S. che ottengono la pensione solo ove siano inidonei ad ogni proficuo lavoro (fra le tante, Cass. 3 febbraio 1993, n. 1337). La richiamata disparita' di trattamento non puo', d'altra parte, essere giustificata in considerazione della particolare natura dell'attivita' gia' esercitata dai ricorrenti. E' agevole rilevare che nel mercato del lavoro vi sono state, e vi sono, attivita' impegnative ed usuranti al pari del lavoro portuale (basti pensare al lavoro nelle cave, in miniera e nel settore edile), senza che agli addetti venga riconosciuto un trattamento previdenziale particolare ed agevolato per il caso di inidoneita' alla specifica prestazione lavorativa. Sotto altro profilo neppure puo' sostenersi che la specialita' del lavoro portuale sia stata normativamente prevista sotto l'aspetto previdenziale della invalidita' pensionabile, gia' prima dell'entrata in vigore della legge n. 84/1994, di talche' l'art. 24, quarto comma, dovrebbe intendersi come meramente ricognitivo di tale caratteristica. Ed infatti nessuna disposizione sanciva la dedotta specialita' (vedi argomentazioni della difesa dei ricorrenti). L'art. 156 del reg. cod. nav., della cui natura regolamentare non puo' dubitarsi, disciplina, come sopra esposto, unicamente la procedura di accertamento della inidoneita' al lavoro portuale stabilendo la efficacia anche in ambito previdenziale della eventuale dichiarazione di inidoneita' al lavoro portuale: nulla tuttavia dispone circa il tipo di prestazione da erogare e neppure avrebbe potuto utilmente farlo in violazione di legge, stante, si ripete, la sua natura regolamentare. E cosi' e' pacifico che antecedentemente alla legge n. 222/1984, dalla accertata inidoneita' al lavoro portuale, conseguiva per il lavoratore il diritto all'unica prestazione previdenziale allora prevista dalla legge. Non si rinvengono, poi, nella legge citata che, come noto, prevede due distinti e graduali trattamenti previdenziali (in uno solo dei quali viene fatto riferimento alle occupazioni confacenti alle attitudini, art. 1), disposizioni da cui desumere che la pensione possa essere riconosciuta anche in favore di assicurati non assolutamente inabili e qualsiasi attivita' lavorativa. In sostanza deve qualificarsi come erroneo l'operato dell'I.N.P.S. che ebbe a riconoscere a tutti i lavoratori portuali dichiarati inidonei al lavoro portuale la pensione di inabilita', pur conservando i lavoratori utili energie lavorative, e costituzionalmente dubbia, per violazione all'art. 3 della Cost., la previsione dell'art. 24, secondo comma, che stabilisce per i predetti il diritto alla pensione di inabilita'. Ed il dubbio prende ulteriore consistenza ove si ritenga che tale diritto posto dalla norma in esame, non possa piu' essere messo in discussione dall'istituto in relazione ad eventuali miglioramenti delle condizioni fisiche dei ricorrenti (art. 9 della legge n. 222/1984), cosi' come, invece, avviene per gli altri assicurati e posto che, contemporaneamente con l'abrogazione dell'art. 156 del reg. cod. nav. operata dall'art. 3, decimo comma, del d.-l. 21 ottobre 1994, n. 586, a far data dal 1 gennaio 1995, e' venuta meno, nel piu' ampio riordino della normativa portuale, la commissione medica compartimentale cui era devoluto l'accertamento della inidoneita' al lavoro portuale.